Il pittore del mondo scomparso
Repubblica — 19 luglio 2009 pagina 36 sezione: CULTURA
NEW YORK C' è chi ricorda ma non vuole raccontare. C' è chi racconta ma non vuole ricordare. C' è chi non può più né ricordare né raccontare. Mayer Kirshenblatt ricorda e racconta dipingendo. Racconta un mondo che non esiste più: una cittadina della Polonia dove, quando era nato lui, vivevano 5.462 ebrei e 2.365 cristiani. Lo racconta visto con gli occhi di un bambino. Ha cominciato a raccontarlo che aveva già compiuto settantatré anni. Continua a raccontarlo ora che ne ha quasi novantaquattro. Lo racconta metodicamente, sistematicamente, con un' attenzione maniacale, quasi ossessiva ai dettagli. Compresi, anzi soprattutto, quelli che un adulto sarebbe portato a dimenticare, ignorare, trascurare. Ai particolari che non si trovano nei libri di storia, neppure nei memoriali e nei diari, neppure nella pur grande letteratura ebraica che ci ha raccontato gli shtetl dell' Europa orientale. Nei suoi tratti naif non ci sono i sogni di Marc Chagall o gli incubi di Franz Kafka. Ci sono invece i dettagli terra terra, l' odore di come si mangia e si dorme, il quotidiano del come si cibavano, si lavavano, facevano i propri bisogni, sudavano, vivevano, sopravvivevano, giocavano, amavano, macellavano, si imbrogliavano, si tradivano, pregavano, morivano. Ci sono, descritti con minuzia, i mestieri, gli strumenti, i lavori domestici, i pettegolezzi, le distrazioni attorno a cui si svolgeva la vita di ogni giorno.
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